Sviluppare il senso dell’identità è sviluppare la percezione di sé come essere dotato di caratteristiche e capacità personali, imparare a conoscersi ed essere riconosciuti come persona unica e irripetibile. Acquisire consapevolezza della propria individualità è il compito di una vita, un compito fondamentale che non si esaurisce mai. La nostra identità, infatti, nonostante si identifichi con alcune caratteristiche immutabili della nostra personalità, è soggetta a continua evoluzione e si definisce in rapporto alle situazioni che cambiano, alle altre persone, alla relazione che noi instauriamo con la realtà. Diventa allora necessario sviluppare il senso del cambiamento del Sé rispetto al mondo, divenire esseri più consapevoli sia di sé che della realtà. È questo, in sostanza che ci permette di agire ed intervenire in modo significativo sulla realtà apportando cambiamenti positivi su di essa. Noi acquisiamo identità nella misura in cui, con i nostri comportamenti, siamo concretamente utili agli altri ed è in virtù di questo che diventiamo consapevoli del nostro valore.
La consapevolezza di sé si forma, dunque, soprattutto attraverso l’interazione con l’ambiente, grazie ad esperienze che favoriscono un adattamento intelligente e l’intervento attivo su di esso. Come afferma il pedagogista Mario Mencarelli in “Scuola materna”, il self o consapevolezza di sé nasce e si costruisce “attraverso la progressiva presa di coscienza sia delle proprie peculiari caratteristiche ed attitudini, sia della necessità di un continuo scambio con gli altri, di un continuo dare e ricevere nel rapporto con il mondo circostante”. Anche le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia ribadiscono questo concetto affermando, sulla base di una concezione psicodinamica dello sviluppo, come il bambino sia un soggetto attivo (visione sostenuta dai classici della pedagogia quali J. J. Rousseau, E. Pestalozzi, F. Fröebel, M. Montessori, ed ampliata dalla pedagogia contemporanea) impegnato a costruire la propria identità in un processo di continua interazione con i pari, con gli adulti e la cultura.
Nelle più attuali teorie psicologiche, pedagogiche e antropologiche appare dominante la convinzione che “l’uomo, fin dai suoi primi anni di vita, ha bisogno di stabilire sempre nuovi e più saldi rapporti con l’ambiente sociale, nell’incessante tentativo di diventare quanto più compiutamente se stesso” (C. R. Rogers, “Nuove questioni di psicologia”). Secondo il filosofo e pedagogista Piero Bertolini, l’apertura dell’individuo a ciò che è l’altro da sé, è da intendere, peraltro, non come perdita di sé o della propria soggettività, ma, al contrario, come autentica possibilità di affermare quest’ultima in un contesto reale e soprattutto secondo un’accezione attiva e responsabile della propria partecipazione alle molteplici costruzioni socio-culturali” (P. Bertolini, “Infanzia tra scuola e società”). E a sostegno della stessa tesi potremmo riportare molte altre citazioni di noti autori quali J. Bruner, G. Allport, M. Erikson, A. Maslow, D. Winnicott, F. Carugati, A. Palmonari, M. Cesa-Bianchi, P. Bertolini, A. Canevaro, ecc.
In primo luogo l’identità è presa di coscienza della propria individualità corporea, consapevolezza del valore del corpo come una delle espressioni della personalità. Come le più recenti ricerche chiariscono, lo sviluppo dell’immagine corporea è il punto di partenza per la costruzione del sé in tutte le sue dimensioni. Per lo psicoanalista inglese Donald Winnicott (Plymouth 1896- Londra 1971) “il sentirsi abitatore del proprio corpo è la prima indispensabile tappa del processo di diventare persona”(D. Winnicott, “Gioco e realtà”).
La strutturazione dell’immagine corporea non è possibile se il bambino non sperimenta il piacere di muoversi: cercare e scoprire attraverso il corpo, giocare, saltare, correre, compiere esperienze motorie consente al bambino di costruire l’immagine di sé e di elaborare lo schema corporeo. Gli permette di appropriarsi del proprio corpo come istanza centrale dei suoi rapporti con il mondo e con gli altri. Nel testo delle Indicazioni Nazionali si legge: “I bambini prendono coscienza del proprio corpo, utilizzandolo fin dalla nascita come strumento di conoscenza di sé nel mondo”. Muoversi è il primo fattore di conoscenza di se stessi e della realtà, strumento di apprendimento che permette al bambino di integrare, attraverso il proprio corpo, conoscenze ed emozioni. Come J. Piaget afferma,“la fase senso-motoria è il preludio indispensabile alle operazioni intellettuali concrete ed astratte” (J. Piaget, “La nascita dell’intelligenza nel bambino”). Vivere pienamente la propria corporeità è fonte di benessere e di equilibrio psico-fisico, permette al bambino di stare meglio con se stesso e con gli altri, lo aiuta a rafforzare la stima di sé e ad accrescere la fiducia nelle proprie capacità. Giocando con il corpo il bambino percepisce la completezza del proprio sé, consolida autonomia e sicurezza emotiva.