“C’era una fiaba”, una collana pensata per i più piccini, che con i libri illustrati di Carotina editi da Lisciani ripropone in veste nuova i grandi classici delle fiabe (Biancaneve, Pinocchio, Cappuccetto Rosso, Il gatto con gli stivali). Testi brevi, illustrazioni d’autore e simpatiche filastrocche che sintetizzano in poche righe alcuni punti nodali delle varie storie.
Libri di fiabe, perché? qual è la valenza educativa della fiaba? e perché è così importante il momento della narrazione? “Il bisogno di storie per i bambini non è meno vitale del bisogno di cibo”, dice Paul Auster ne L’invenzione della solitudine (Einaudi, 1998). Il bambino ha fame di racconti e la fiaba riesce a soddisfare appieno questa sua necessità. Lo spiega bene Teresa Buongiorno, scrittrice ed esperta di letteratura per l’infanzia, nel suo Dizionario della fiaba (ed. Lapis 1997), una guida ragionata per districarsi tra gli autori, le trame e i personaggi di fiabe classiche e moderne di cui il libro presenta una selezione: la fiaba non passa mai di moda, trasmette messaggi sempre attuali ed è un nutrimento necessario per tutti. Essa tratta di problemi umani universali -Grimm, Andersen e gli altri autori di fiabe, raccogliendo quello che forse anche a loro pareva soltanto stratificata cultura popolare hanno scritto in realtà un “vangelo universale”, valido per tutti i tempi e tutte le realtà- ed offre esempi di soluzioni alle difficoltà della vita.
Incantesimi, sortilegi, misteri, peripezie, metamorfosi, maledizioni… Il mondo fiabesco è un mondo magico. “Once upon a time”, sempre così inizia la storia ed è subito magia. Siamo immediatamente trasportati in un’altra dimensione che ci dà accesso al mondo dell’immaginazione. Ed è proprio questo contatto che favorisce nel bambino la conoscenza della realtà. Come afferma Gianni Rodari nella Grammatica della fantasia (Einaudi, 1972), sembra che “nelle strutture della fiaba il bambino contempli le strutture delle propria immaginazione e nello stesso tempo se le fabbrichi costruendosi uno strumento indispensabile per la conoscenza e il dominio del reale”. Stimolando l’immaginazione la fiaba aiuta il bambino a rapportarsi con le cose, ad interpretare la realtà. “Io credo questo: le fiabe sono vere”, dice Italo Calvino ne Le lezioni americane, opera nella quale svela i segreti e la potenza della narrazione fantastica: essa riesce a pescare in profondità nel nostro mondo interiore, perché la nostra mente è intrisa di simboli, di immagini allegoriche, di sogni e linguaggi cifrati; diverse, molteplici e misteriose sono le lingue con le quali si esprime. Della narrazione fantastica, Calvino mette in luce la capacità di esprimere il reale in una forma mascherata, ma ben più forte e vera di qualsiasi altra. Così continua sulle fiabe: “Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e una donna…”. Nel ricco repertorio di caratteri e destini offerto dalla fiaba, il bambino trova indizi della realtà che ancora non conosce, del futuro a cui non sa ancora pensare, ed è per questo che essa rappresenta un’utile iniziazione all’umanità, al mondo della storia. “De te fabula narratur”, è di te che si parla in questa fiaba. I bambini riferiscono a se stessi le fiabe che ascoltano; in esse confluisce la loro esperienza personale, che viene trasfigurata, sublimata, ampliata. La fiaba è un terreno di sperimentazione della vita nel quale il bambino può mettersi alla prova, trovare il coraggio necessario per accettare qualsiasi sfida nella fiducia di poter riuscire. I draghi da uccidere, le camicie da filare, le infinite strade da percorrere, i fuochi da ingoiare, i mari da attraversare, le pietre rare da trovare non sono altro che gli ostacoli da affrontare nella vita, gli esami da superare per redimersi, crescere e diventare uomini. Siamo noi che corriamo nelle foreste intricate delle nostre vite personali in cerca di un sentiero verso il nostro castello, il luogo dove sentirci al sicuro. Le fiabe sono sapienze antiche che narrano le storie della nostra vita, ci mostrano come fare per compiere il nostro percorso di maturazione. Ogni fiaba, dice Bruno Bettelheim (Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Feltrinelli 1977), è “uno specchio magico che riflette alcuni aspetti del nostro mondo interiore e i passi necessari per la nostra evoluzione dalla immaturità alla maturità”. Dunque il racconto fiabesco aiuta a far luce su di sé, diventa una via d’accesso a se stessi, un modo per divenire più consapevoli, scoprire cosa vogliamo. Gregory Bateson in Mente e natura (Adelphi 1984): le strutture della narrazione “sono capaci di dare senso e ordine a ciò che gli esseri umani pensano e scoprono del mondo, ma anche e soprattutto alle rappresentazioni che gli individui costruiscono di se stessi”.
A cos’altro serve la fiaba? Serve al bambino per conoscersi, per impegnarsi e per misurarsi. Per misurarsi con le emozioni, ad esempio con la paura. Come abbiamo già accennato, le fiabe rassicurano i bambini in quanto consentono loro di acquisire, attraverso l’identificazione con personaggi e situazioni, la fiducia necessaria per superare insicurezze e timori. Ispirano a diventare coraggiosi, incoraggiano a compiere imprese impossibili. “Non sei l’unico a vivere questa situazione”, gli dicono le storie; “Puoi cavartela se ti smarrisci per strada”, raccontano gli eroi alle prese con le loro difficoltà “ci sarà qualcuno a gettare le briciole di pane per indicarti il cammino”… Ha ragione G. K. Chesterton quando afferma: “Le fiabe non insegnano ai bambini che i draghi esistono, loro lo sanno già. Le fiabe insegnano ai bambini che i draghi si possono sconfiggere”. La voce della mamma ha in questo in ruolo fondamentale; essa aiuta il bambino a sciogliere i nodi dell’inquietudine, riesce a far svanire i fantasmi della paura. Se è la voce della mamma ad evocare il lupo nella pace e nella sicurezza della situazione familiare, il bambino può sfidarlo senza paura. Può “giocare ad aver paura”, certo che ad allontanare il lupo basterebbe la forza del papà o la ciabatta della mamma. Se è la mamma a raccontare la storia di Pollicino abbandonato nel bosco, il bambino non teme che la stessa sorte capiti a lui e può puntare tutta la sua attenzione sulla furberia del minuscolo eroe. Quando il bambino prova una paura angosciosa da cui non riesce a difendersi, non è per via della fiaba e delle supposte conseguenze negative che le creature mostruose e gli “orrori” delle fiabe avrebbero su di lui; vuol dire che la paura era già in lui, in qualche profondità conflittuale, prima che “il lupo” comparisse nella storia.
Un altro aspetto che non possiamo trascurare è che la fiaba risponde al bisogno di dedizione e di partecipazione totale che il bambino richiede all’adulto. La natura amorosa della lettura… Le parole meglio delle carezze. Leggere per qualcuno è un atto d’amore e come tale viene recepito dal bambino. Di ciò parla ampiamente ancora Gianni Rodari nella Grammatica della fantasia nel capitolo intitolato Il bambino che ascolta le fiabe. La fiaba è uno strumento ideale per trattenere con sé l’adulto. Finché la fiaba dura, la mamma è lì, tutta per il bambino, presenza durevole fornitrice di protezione e sicurezza. Non è detto che quando il bambino chiede, dopo la prima, una seconda fiaba, sia realmente o esclusivamente interessato alle sue vicende: forse egli vuole soltanto prolungare più che può quella piacevole situazione, continuare ad avere la sua mamma accanto a sé. Mentre il fiume tranquillo della fiaba scorre tra i due, il bambino può godersi la madre, osservare il suo viso in tutti i particolari, studiarne gli occhi, la bocca, la pelle. Questa è la sua occupazione principale che raramente può compiere quanto a lungo vorrebbe. Per ascoltare il bambino ascolta, ma oltre ad essere interessato al contenuto è interessato alla sostanza dell’espressione, cioè alla voce materna, alle sue sfumature, volumi, modulazioni, alla sua musica che gli comunica amore e tenerezza. La voce della madre non gli parla solo di Cappuccetto Rosso o di Pollicino: gli parla di se stessa…
Il grande valore della fiaba è stato riconosciuto anche da Albert Einstein. Una volta gli fu chiesto come fosse possibile rendere i bambini più intelligenti. La sua risposta fu semplice e geniale: “Se volete che vostro figlio sia intelligente, raccontategli delle fiabe; se volete che sia molto intelligente, raccontategliene di più”.
Certo è che la fiaba aiuta il bambino a costruirsi strutture mentali, a porre rapporti come «io, gli altri» (la narrazione è alla base del rapporto dell’uomo con gli altri e con il mondo), «io, le cose», «le cose vere, le cose inventate» (il “c’era una volta della realtà” e il “c’era una volta della fiaba”). Serve al bambino per prendere le distanze nello spazio («lontano, vicino») e nel tempo («una volta, adesso», «prima, dopo», «ieri, oggi, domani»). Qui il breve video “Didattica con la fiaba!”, la fiaba per imparare con gioia: https://youtu.be/DjGFHoKfVwE .
Concludiamo con Gianni Rodari: “Credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo”. Un terreno nel quale allenare la fantasia ad interpretare la realtà stessa come fosse una fiaba e riuscire ad “inventare” la propria vita come una fiaba da poter raccontare a sé e agli altri. La fiaba come uno dei tanti percorsi narrativi che ci consentono di scrivere la storia della nostra vita, la nostra biografia.